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Fonti fossili - passato e futuro [eng]

L'ITALIA NON E' UN PAESE POVERO: DALL'AGIP ALL'ENI
Il Contributo italiano alla storia del Pensiero - Tecnica (2013)
istituto della ENCICLOPEDIA ITALIANA, Treccani ©

di Fabio Catino
Gli albori dell'industria del petrolio in Italia. Prima dell'ENI. Enrico Mattei, il codice genetico dell'ENI. La difesa dell'oro blu di Caviaga. La prima metanizzazione del Paese e l'eredita' del gas. La conquista della petrolchimica. La visione del futuro nella forza del passato. Bibliografia

La difesa dell'oro blu di Caviaga.
L'accertamento della rilevanza in termini quantitativi del giacimento di gas metano di Caviaga, a poche decine di chilometri a sud di Milano, rappresento' la svolta per la crescita industriale dell'AGIP. In questa localita', a circa 1300 m di profondita', i terreni sabbioso-arenacei del Pliocene inferiore costituivano la roccia serbatoio di un notevole giacimento di idrocarburi gassosi, intrappolati in una piega anticlinale dagli strati sovrastanti argillosi con funzione impermeabilizzante. La struttura del giacimento era stata individuata attraverso una campagna di rilievi di sismica a riflessione iniziata nel 1940 e coordinata dall'ingegnere Tiziano Rocco, al tempo a capo dell'ufficio geofisico dell'AGIP (dopo la guerra fu direttore esplorazione dell'azienda, dal 1950 al 1968) e promotore dell'acquisizione di gruppi sismici dall'azienda statunitense Western geophysical company che erano considerati in assoluto i piu' avanzati.
Il pozzo esplorativo, condotto fino alla profondita' di 1800 m e realizzato in un anno a partire dal maggio 1943, intercetto' i livelli fertili con prove di produzione di 100.000 m3 di gas al giorno. Un successivo pozzo situato a breve distanza (a circa 500 m dal primo), effettuato tra il 1945 e il 1946 ed espressamente voluto da Mattei, confermo' le indicazioni favorevoli. Caviaga prometteva riserve di metano per alcuni miliardi di metri cubi (nel corso del suo esercizio il campo, oggi praticamente esaurito, malgrado ancora ufficialmente operativo con i 943.616 m3 del 2013, produrra' in effetti circa 14 Gm3), una quantita' fino allora mai riscontrata in un singolo giacimento in Europa occidentale e di enorme significato economico per un Paese che nel 1946 produceva soltanto 11 milioni di m3 (nel 1950, un pozzo con produzione media tipica di 300.000 m3/g fu stimato potesse rendere 1,5 miliardi di lire l'anno a fronte di un costo di realizzazione di circa 80 milioni). La tipologia di questo giacimento, per analogia strutturale desunta dalla natura geodinamica di bacino postorogenico della valle del Po, consentiva inoltre soprattutto di prevedere la sua diffusa replicazione nella pianura padana.
L'estensione intensiva delle ricerche confermo' le indicazioni con la scoperta di numerosi altri giacimenti, Ripalta (1947) e Cortemaggiore (1949) tra i primi. Nel 1949, l'AGIP era in grado di valutare in 30 Gm3 di gas le risorse complessivamente estraibili dai tre giacimenti principali individuati nel triennio precedente, con capacita' potenziale di erogazione di 4 Mm3/giorno a fronte di un consumo di combustibili fossili d'importazione per usi industriali e civili che fu calcolato (1950) in circa 30-35 Mm3/giorno equivalenti per potere calorifico (3 Mt/anno di petrolio, 8,5 Mt/anno di carbone e 0,25 m3/giorno per abitante come gas di citta'). Il giacimento di Cortemaggiore garanti', inoltre, una produzione di gasolina (benzina pura ad alto numero di ottani), di gas liquefacibili (propano e butano) e di petrolio (da un orizzonte geologico inferiore a quello gasifero).
Per estrarre la benzina e i gas liquefacibili, la centrale di raccolta fu dotata di un moderno impianto di degasolinaggio, il piu' grande allora d'Europa, in cui il metano era prima essiccato con glicol e poi lavato con solvente (olio diesel). La benzina dalle alte prestazioni di Cortemaggiore, commercializzata con il nome efficacemente pubblicizzato di Supercortemaggiore («la potente benzina italiana»), fu prodotta in volumi apprezzabili: 400 t/giorno che costituivano un quinto del consumo italiano. Per alimentare la sua distribuzione venne pianificata la realizzazione di una catena di stazioni di rifornimento (in alcuni casi corredate da officine per il lavaggio e l'ingrassaggio degli autoveicoli), progettate dall'architetto Mario Bacciocchi, che fossero riconoscibili inequivocabilmente per elementi standard di design (per es., lo stile cromatico virato sul giallo e l'inconfondibile logo del cane a sei zampe) e per forme architettoniche razionali, audaci e gradevoli, in linea con una strategia di marketing mirata a comunicare in modo diretto e tangibile agli utenti, in questo caso automobilisti, la modernita' efficiente dell'azienda di Stato. Una politica commerciale che sara' poi coerentemente estesa a una gamma di servizi piu' completa (ristorazione, proposta alberghiera, shopping e relax) offerta dalle aree di servizio AGIP e dai Motel AGIP, in particolare sulla rete autostradale nascente.
Dopo i primi significativi ritrovamenti, in pianura padana ne seguirono numerosi altri. Nel 1952, i nove piu' grandi giacimenti (oltre ai sopra menzionati, Cornegliano, Bordolano, Correggio, Ravenna, Imola, Verolanuova) consentirono di effettuare una previsione di produzione di 13 Mm3/giorno sostenibile per 20 anni. Il potenziamento degli impianti di perforazione a rotazione (rotary) aveva inoltre raggiunto il risultato di munire l'AGIP del piu' importante parco europeo per la ricerca di idrocarburi a terra - 29 unita', di cui 1 per perforazioni più profonde di 5000 m, 3 per profondita' fino a 3900 m e 20 per perforazioni da 2500 m (nel 1945 ne erano disponibili soltanto 4 per profondita' non superiori ai 2000 m) - che era stato efficacemente utilizzato con percentuali di successo d'eccellenza. Dal 1946 al 1953, su 34 pozzi esplorativi si ottenne esito favorevole nel 35% dei casi; su 205 pozzi di coltivazione (equivalenti a complessivi 337.028 m trivellati) i successi furono dell'86,1%. Il confronto con le analoghe percentuali su territorio statunitense nello stesso periodo, rispettivamente 20% e 70%, permise a Mattei, nell'occasione dell'intervento di ringraziamento per la laurea honoris causa in ingegneria mineraria conferitagli dal Politecnico di Torino (1953), di lodare ufficialmente l'efficienza tecnologica guadagnata dall'AGIP. Nel 1953, la produzione nazionale di metano, sostanzialmente proveniente dalla pianura padana, aveva raggiunto 2 Gm3, ed era superata al mondo soltanto da Stati Uniti e Canada.
All'atto della costituzione dell'ENI con la l. 10 febbr. 1953 nr. 136, l'impatto della produzione di metano della pianura padana, sia per l'oggettivo valore economico e industriale sia per il significato simbolico che aveva assunto anche nella pubblica opinione, rendeva ancora di grande interesse l'argomento della riserva di esclusiva sulla ricerca e sulla coltivazione degli idrocarburi concessa all'azienda di Stato in quella zona. A tutela delle risorse del sottosuolo di pertinenza dello Stato, l'AGIP, infatti, aveva ricevuto, in virtu' di una legge mineraria che da tempo richiedeva di essere aggiornata, l'esclusiva sulle risorse dell'area padana.
Il percorso per l'istituzione dell'ENI, lungo e accidentato (il disegno di legge di merito fu presentato in Parlamento il 13 luglio 1951), eredito' gli elementi del conflitto che dalla fine della Seconda guerra mondiale contrapponevano i fautori dell'intervento dell'industria privata nel settore degli idrocarburi senza vincolo di sorta su tutto il territorio nazionale, quindi anche in pianura padana, ai sostenitori del diritto dello Stato di preservare gli investimenti effettuati in un territorio dalle risorse gia' valorizzate (definito per questo da Mattei, «una cassaforte aperta»). I primi si erano visti rappresentati dal ministro dell'Industria Ivan Matteo Lombardo, in un estremo tentativo legislativo, respinto dal Consiglio dei ministri nel 1949, che avrebbe previsto una percentuale del'’8% per lo Stato sui profitti dei privati. I secondi, confidavano su una convergenza di merito dell'ala progressista della Democrazia cristiana e delle opposizioni di sinistra, in base all'art. 43 della Costituzione che esprime la titolarita' dello Stato di «riservare originariamente [...] imprese [...] che si riferiscano a [...] fonti di energia [...] di preminente interesse generale».
Era peraltro evidente ai promotori del nuovo ente, in particolare a Mattei (deputato in Parlamento dall'8 maggio 1948 al 5 marzo 1953) e a Vanoni (primo firmatario della legge), la necessita' di strutturare un soggetto economico di personalita' giuridica pubblica, gestito tuttavia secondo i caratteristici criteri dell'impresa privata, che fosse in grado di investire ingenti risorse finanziarie senza l'urgenza della redditivita' immediata.
Con l'approvazione della l. 136, confermate queste istanze, fu infine sancita (art. 2) l'esclusiva attribuzione all'ENI della ricerca, della coltivazione e del trasporto (con le annesse funzioni di costruzione e di esercizio delle infrastrutture necessarie) degli idrocarburi liquidi e gassosi nell'area della pianura padana e del mare a essa prospiciente (definita in modo particolareggiato da una tabella allegata) e fu stabilita la funzione di promozione delle iniziative minerarie dell'ente in regime di concorrenza con i privati sul restante territorio nazionale. Secondo una linea strategica dichiaratamente prefigurata, rispetto alle opzioni industriali di sviluppo che saranno poi intraprese, ne fu previsto, «altresi', il compito di promuovere ed attuare iniziative di interesse nazionale nei settori della chimica e della ricerca, produzione, rigenerazione e vendita dei combustibili nucleari, nonche' nel settore minerario attinente a questa attività» (art. 1).
Si volle, inoltre, configurare per l'ente una struttura organizzativa innovativa, che prevedeva un presidente con vasti poteri amministrativi svincolati da condizionamenti di organi interni, in quanto deferitigli, alla nomina o al rinnovo del mandato spettanti al governo, da una giunta esecutiva delegante, a sua volta di nomina governativa e costituita da tre membri oltre al presidente stesso e al vicepresidente. Tali prerogative attuarono una forma di ente differenziata rispetto a quella standard dominata, su calco delle societa' per azioni, dal consiglio di amministrazione (Cassese 2004), assicurando all'ENI sicure prospettive di sviluppo. Il gruppo, articolato alla costituzione in subholdings funzionali per ambito (AGIP mineraria per la ricerca e la distribuzione di petrolio e metano; AGIP per la raffinazione e vendita di prodotti petroliferi e metano; SNAM, Societa' NAzionale Metanodotti, per il sistema di trasporto dei prodotti; ANIC, per il coordinamento delle attivita' nella chimica), fu conseguentemente in grado di finanziare la propria crescita attraverso la vendita del gas naturale (rendita metanifera) e di stimolare l'accrescimento dell'economia nazionale con la fornitura di energia a basso costo. Quattro anni dopo l'istituzione dell'ENI, l'approvazione della l. 11 genn. 1957 nr. 5 completo' la regolamentazione normativa della ricerca e dello sfruttamento degli idrocarburi in Italia, con l'intento di preservare lo spirito della libera concorrenza nei territori continentali non compresi nella zona di esclusiva. Tale orizzonte aveva in precedenza informato anche la legislazione mineraria della regione a statuto speciale Sicilia (l. regionale 20 marzo 1950 nr. 30), il cui sottosuolo era considerato molto promettente. Il regime di esclusiva sulla pianura padana rimase in vigore per piu' di quarant'anni e cesso' con la l. 25 nov. 1996 nr. 625, di recepimento della direttiva comunitaria 1994/22/CE (per l'armonizzazione delle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi all'interno della Comunita' europea), in un contesto industriale per l'ENI completamente diverso, essendo stato il gruppo da poco privatizzato e avendo invece gia' da tempo consolidato un maggiore coinvolgimento per le attivita' all'estero. [pag. 6]

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