L'ILLUSIONE DEL NUCLEARE
Il Contributo italiano alla storia del Pensiero - Tecnica (2013)
istituto della ENCICLOPEDIA ITALIANA, Treccani ©
di Fabio Catino
Agli albori del nucleare italiano, eccellenza e foschi presagi. Il primo impulso alla pianificazione, il CISE e i suoi risultati. Le implicazioni militari e la 'strategia nucleare' italiana in politica estera. la nascita dei comitati nazionali e il dibattito culturale verso la nazionalizzazione. L'epoca d'oro del nucleare italiano. La nazionalizzazione dell'energia elettrica, il caso Ippolito e l'inizio del declino. Da cernobyl' a Fukushima: rischio nucleare e sua percezione. Qualcosa rimane. Opere. Bibliografia
Agli albori del nucleare italiano, eccellenza e foschi presagi
Le premesse del nucleare italiano risplendono d'eccellenza. Quella delle ricerche di fisica nucleare del gruppo di Enrico Fermi a Roma negli anni Trenta del 20° sec., che, coronate dal conferimento del premio Nobel (1938) al fisico italiano, condussero alla scoperta dell'effetto di rallentamento neutronico indotto dalle sostanze idrogenate (in quel caso acqua o paraffina) sui neutroni utilizzati per la produzione (allora con finalita' di studio) di radionuclidi e radioattivita' artificiali, aumentandone l'efficacia. Fu il primo passo per la realizzazione della pila atomica (CP1, Chigago Pile 1), che Fermi realizzo' poi negli Stati Uniti (1942), a Chicago, nell'ambito del progetto Manhattan per la costruzione dell'ordigno atomico.
Trasferitosi negli Stati Uniti nel 1938 a seguito delle leggi razziali che avrebbero colpito la moglie, ma anche a causa della mancanza di garanzie di finanziamento per il necessario potenziamento delle dotazioni sperimentali di laboratorio (un idoneo acceleratore), venute meno le autorevoli figure di sostegno politico e istituzionale di Orso Mario Corbino e Guglielmo Marconi (entrambi defunti nel 1937), Fermi contribui' oltreoceano a gettare le basi dell'industria nucleare.
L'epilogo tragico del regime fascista, con le implicazioni drammatiche delle vicende belliche, provoco' la diaspora dei giovani fisici di via Panisperna (eponimo toponomastico del gruppo di Fermi): Franco Rasetti, allontanatosi per motivi etici dalle applicazioni militari dell'energia nucleare e poi dalla fisica, ando' in Canada per dedicarsi alle scienze della Terra; Emilio Segre' (premio Nobel nel 1955 per la scoperta dell'antiprotone), anche lui impegnato inizialmente nel progetto Manhattan, negli Stati Uniti; Bruno Pontecorvo si reco' prima negli Stati Uniti, poi in Canada per la realizzazione del reattore anglo-canadese (1943), e quindi in Gran Bretagna nel centro di ricerca di Hartwell, infine, dopo controverse accuse di spionaggio filosovietico, in URSS presso l'Istituto nucleare di Dubna. Rimase invece in Italia, nella prestigiosa cattedra di fisica sperimentale dell'Università di Roma (in precedenza tenuta prima da Pietro Blaserna& e poi da Corbino), Edoardo Amaldi, il quale avrebbe successivamente riconosciuto come le vicende di quel periodo fossero state indirizzate da un destino ineluttabile vincolato all'ordine di un sistema di cui gli individui non possono prevedere compiutamente gli sviluppi facendone parte:
il nostro piccolo mondo era stato sconvolto, anzi quasi certamente distrutto, da forze e circostanze completamente estranee al nostro campo d'azione. Un osservatore attento avrebbe potuto dirci che era stato ingenuo pensare di costruire un edificio cosi' fragile e delicato sulle pendici di un vulcano che mostrava cosi' chiari cenni di crescente attivita'. Ma su quelle pendici eravamo nati e cresciuti e avevamo sempre pensato che quello che facevamo fosse molto piu' durevole della fase politica che il paese stava attraversando (Da via Panisperna all'America, 1997, p. 63).
Amaldi, oltre a fornire importanti contributi scientifici, opero' brillantemente nel dopoguerra per ricostruire il fronte della ricerca in fisica nucleare e subnucleare, e nella politica energetica svolse il ruolo essenziale di coordinamento tra le sfere universitaria, della ricerca, industriale e politico-istituzionale. L'enorme potenziale dell'energia atomica, non soltanto per le applicazioni militari, dagli anni Venti era tema di speculazioni accademiche - ci si era soffermato gia' Fermi nel 1923. Ne erano consapevoli parimenti gli ingegneri del settore industriale elettrico che, anche prima delle accelerazioni prodotte dai programmi di ricerca finalizzati alle esigenze del periodo bellico, potevano spingersi a preconizzare che
«per quanto l'energia di disintegrazione [dell'atomo] non può ancora mettersi in diretta concorrenza con l'energia di combustione, e se anche non se ne potra' disporre tanto presto, non e' lecito agli ingegneri scartare senz'altro l'eventualita' che un giorno essi abbiano a doversi occupare di quelle che saranno vere e proprie "centrali" per lo sfruttamento dell'energia nucleare (E. Severini, Accenni sulla costituzione della materia, 1941, p. 170)». [pag. 3]